Ci vuole un Albero!

Perchè ci vuole L’ Albero?

Per festeggiare insieme la giornata mondiale dell’albero, il 21 Novembre, vogliamo ricordare alcuni validi motivi del perché ci vuole ben più di UN albero!

PARTIAMO DALLE CITTA’
?Quello che caratterizza un ambiente urbano è la superficie vegetale e quella impermeabile (ossia consumo di suolo). Il bilanciamento di questi due elementi, influenza la composizione del paesaggio, modificandone anche il #microclima e la biodiversità. Con “Isole di calore urbano” si intendono le aree più centrali della città, dove il cemento ricopre la maggior parte della superficie, a scapito di alberi e prati, più presenti in periferia e nelle aree residenziali.

I ricercatori dell’Istituto per la bioeconomia del Consiglio nazionale delle ricerche di Firenze, in collaborazione con i ricercatori di Ispra, hanno condotto uno studio sull’influenza della copertura arborea e del consumo di suolo sulle temperature superficiali urbane. Da questo studio, condotto nel periodo diurno estivo, ha preso in considerazione la città composta dal suo nucleo centrale metropolitano, dai comuni confinanti e da quelli periferici: sono stati esaminati inoltre la quota, la distanza dal mare e la dimensione della città. Lo studio dimostra che l’intensità dell’ “Isola di calore urbana” superficiale aumenta soprattutto all’aumentare dell’estensione delle aree con bassa densità di copertura arborea nel nucleo metropolitano. E fin qui nulla di strano.

?Un albero è decisamente un buon abbattitore di calore, infatti, perché l’ombra che crea è decisamente più fresca di qualsiasi infrastruttura come coperture, schermature solari o altro, grazie all’assorbimento dei raggi del sole che vengono deviati da foglie per effetto della traspirazione e della fotosintesi. Inoltre, assorbendo l’acqua dal terreno attraverso le radici, sono in grado di restituirla in atmosfera sotto forma di vapore acqueo. La conformazione naturale delle piante composte da rami e fogliame flessibili, permette di influenzare velocità e direzione del vento, senza così bloccare il passaggio di aria.

Tutto ciò permette un abbattimento anche di 4 gradi centigradi rispetto alle aree prive di verde.

QUALITA’ DELL’ARIA

? L’importanza di avere zone verdi in un contesto urbano è anche data dall’effetto sulla miglior qualità dell’aria. Un albero di medie dimensioni, di circa 10 anni come un olmo comune ha una capacità di assorbimento di CO2 di circa tra 103 e 155 kg/anno. Se lo moltiplichiamo per il numero di alberi che formano un boschetto o parco cittadino, diventa un valido aiuto per combattere l’innalzamento del calore in atmosfera. Ma non è tutto? lo stesso olmo può assorbire inquinanti gassosi ad alta capacità e catturare le polveri sottili in media capacità (si stima intorno 1kg di particolato/anno).

BIODIVERSITA’

??? Inutile negare che, anche in città, negli ultimi anni, dove il verde ha preso un pochino più spazio sul cemento, sono tornati moltissimi uccellini che non si vedevano da tanto, scoiattoli e ricci. Piantare alberi significa tutelare la biodiversità dei nostri territori, garantire la funzionalità degli ecosistemi, contrastare i cambiamenti climatici, migliorare la salute dei cittadini. Oggi più che mai, è evidente il legame tra la salute e l’ambiente in cui viviamo e non possiamo continuare con vecchi stili di vita nemici dell’ambiente: il futuro deve essere sostenibile e i comuni, i territori devono sostenere una vera e propria rivoluzione Green dell’era post-Covid

MA PERCHE’ IL VERDE RASSERENA
?Ma perché poi il verde rasserena e ci dà una straordinaria sensazione di benessere? Il contatto con la natura fa bene, si sa…è una verità elementare, che però solo ultimamente sta assumendo spiegazioni scientifiche. Uno studio, pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences, è stato condotto all’Università di Stanford da alcuni ricercatori che hanno radunato 38 abitanti in zone urbane, dividendoli in due gruppi: Un gruppo ha passeggiato per 90 minuti in un parco vicino al campus di Stanford, mentre l’altro gruppo ha camminato lungo una strada trafficata nelle vicinanze, sempre per 90 minuti. I risultati sono stati evidenti da subito: le persone che hanno camminato nel parco hanno mostrato una diminuzione dei pensieri negativi e l’attività cerebrale ha confermato il cambiamento di umore.

Un’altra ricerca olandese condotta su quasi 350.000 persone ha dimostrato che vivere a meno di un chilometro da un’area verde influisce sullo stato di salute in molte patologie, da quelle cardiovascolari alle respiratorie, dal mal di testa ai disordini dell’apparato digestivo, fino ai dolori muscolari e, soprattutto, all’ansia e alla depressione. A determinare questi benefici sarebbero, almeno in parte, delle molecole rilasciate dalle piante e chiamate fitoncidi, che sembrano esercitare un’azione diretta sul sistema immunitario, così come il contatto con alcuni microrganismi presenti nel terreno.

Ma giocano senz’altro un ruolo anche l’attività fisica, che tipicamente tende ad aumentare quando si sta in mezzo alla natura, così come la vista degli alberi, del paesaggio e anche del colore verde di per sé: grazie alla psicologia sperimentale sappiamo infatti che esiste una preferenza dell’occhio umano per le tonalità proprie di una vegetazione sana, per le forme delle chiome di certe specie vegetali, e anche per gli spazi aperti dove lo sguardo può vagare.

Alcune ricerche di neuroimaging hanno scoperto che la natura, così come descritta, ha un effetto calmante anche per il cervello, la contemplazione di un paesaggio naturale rigenera le risorse psico-emotive. Infatti, quando guardiamo un paesaggio verdeggiante o passeggiamo in un bosco, diminuisce l’attività nella corteccia prefrontale, una zona tanto essenziale quanto tartassata dalla vita moderna, perché responsabile dell’attenzione, del ragionamento e della pianificazione. Allo stesso tempo però aumenta l’attività di altre aree più profonde del cervello, preposte alla regolazione delle emozioni e responsabili di sensazioni le­gate al piacere e al benessere.

Ecco perché ci vuole altroché UN albero!

(Fonti: FAO, Science, Le Scienze, istituto di biometeorologia (IBIMET) del CNR di Bologna, ISPRA, Proceedings of the National Academy of Sciences)